Le eccellenze dei Sicani

Da Bivona all’Australia
i vini naturali e biologici
con i nomi arbëresh

 
L’azienda Di Salvo vinifica
da quattro generazioni
e imbottiglia dal 2016
Una piccola produzione
di grande qualità e prestigio

Una piccola produzione di grande qualità e prestigio che dalla Sicilia vola fino in Australia. Sono i vini naturali e biologici dell’azienda agricola a conduzione familiare di Andrea Di Salvo e Maria Cristina Di Leo, a Bivona, nel cuore dei Sicani. Una storia, quella dell’azienda, lunga quattro generazioni e che rimanda al bisnonno Onofrio che di ritorno dagli Stati Uniti, dov’era emigrato, comprò le terre che oggi sono il fulcro dell’attività di Andrea e della moglie Maria Cristina.
In tutto, una quindicina di ettari coltivati a vigneto e uliveto, perché da queste parti si produce anche dell’ottimo olio extravergine d’oliva con le cultivar Biancolilla, Cerasuola e Murtiddara.
La vera passione, però, sono i vini. Vini naturali prodotti con uve biologiche: dal 2008, infatti, l’azienda è in possesso della certificazione bio. Una certificazione frutto di un percorso da sempre orientato verso una produzione più genuina possibile.
«Quando bevi un calice del nostro vino – dice Andrea Di Salvo – bevi il territorio. Non usiamo lieviti, non usiamo filtraggi: il nostro è un vino naturale. In famiglia, l’abbiamo sempre fatto così; mio nonno lo vendeva sfuso, noi dal 2016 lo imbottigliamo».
Andrea ha preso in mano le redini dell’azienda nel 1999 e, in questi venticinque anni, l’attività ha cambiato passo: l’azienda è stata dotata di attrezzature più moderne ed efficienti e, adesso, anche di un nuovo torchio in legno, costruito dallo stesso Andrea.

La produzione varia dalle diecimila alle quindicimila bottiglie all’anno; Inzolia, Perricone, Nero d’Avola e Catarratto, i vitigni coltivati che danno vita a vini dai nomi particolari.
«Abbiamo scelto – dice Andrea Di Salvo – di usare nomi arbëresh, in omaggio alla bisnonna di mio padre che era di Palazzo Adriano e che qui a Bivona era chiamata semplicemente “la greca”; un modo per ricordare e rimarcare le origini albanesi della nostra famiglia».
E, così, c’è Marì, un Catarratto macerato sette giorni con un grado alcolico importante, 13 gradi, il cui nome s’ispira a quello della moglie di Andrea, «Che – dice – io chiamo, appunto, semplicemente Marì».
Poi, c’è Lule che vuol dire “floreale” ed è un Inzolia; quindi, Harè, “gioia”, un rosato prodotto con Nero d’Avola; Lihàr, “luce”, il nome del bianco prodotto con un Catarratto fermentato ventiquattro ore, un bianco fresco «e chiamato così – dice Andrea Di Salvo – perché l’abbiamo concepito durante la pandemia da Covid, un periodo decisamente buio che abbiamo così voluto esorcizzare». Sempre con il Nero d’Avola viene prodotto Deshur che vuol dire “passione”; mentre il Perricone dà vita a Zezë, “nero”, inteso come “njuru cani”, cane nero, come da queste parti gli anziani chiamano il vitigno Perricone.

 

I vini dell’azienda agricola a conduzione familiare Di Salvo vengono distribuiti soprattutto in Sicilia, e per lo più nella Sicilia orientale, nei wine bar e nei ristoranti; «ma – racconta Andrea – abbiamo un distributore che li fa arrivare anche in Australia e nella Costiera Amalfitana».
Una produzione di nicchia, di grande qualità, che nasce in una piccola cantina realizzata, un po’ come fanno i francesi (che per questo vengono chiamati garagisti), in un bel garage di sessanta metri quadrati.
Paladini dei vini naturali, Andrea Di Salvo e Maria Cristina Di Leo anche quest’anno hanno partecipato alla fiera di Cerea, in provincia di Verona, dedicata ai “Vini Veri” e a diverse fiere analoghe lungo tutto lo Stivale. Ultimo appuntamento, in ordine di tempo, in questi giorni in Sicilia, al Teruar, fiera del vino etico a Scicli.
Intanto, a Bivona l’avventura continua: in cantiere il progetto di un nuovo impianto per l’Inzolia: «Vogliamo – dice Andrea Di Salvo – puntare su questo vitigno e valorizzarlo il più possibile, perché in Sicilia ce n’è poco e sono soltanto un paio le aziende che lo vinificano in purezza».

 

Testo di Angela Mannino